Cosa ne penserebbe il cardinale Voiello?
Ci piacerebbe conoscere un parere del cardinale Voiello al proposito. L’alto prelato fine facitore di trame e tifosissimo del Napoli inventato da Paolo Sorrentino per The Joung Pope e splendidamente tratteggiato dall’interpretazione di Silvio Orlando, era, ricordiamo, ossessionato dalla Venere di Willendorf, o meglio dalla copia conservata ai musei Vaticani. Forse solo l’attempato cardinale, col suo carico di fantasie represse, poteva vedere qualcosa di sessualmente ammiccante in quella figurina di pietra dalle forme sin troppo generose scolpita 30mila anni fa con lo scopo di evocare la fertilità…solo il cardinale Voiello, e Facebook ovviamente, che ancora una volta ha dato segno di dichiarata sessuofobia.
Si viene così a sapere che lo scorso mese di dicembre, il social network aveva censurato l’immagine della Venere più antica della storia umana postata su Facebook da un’italiana appassionata d’arte, Laura Ghianda. Solo nei giorni scorsi, la notizia ha fatto e rifatto il giro del mondo, sollecitata dall‘indignazione del direttore del Museo di Storia Naturale di Vienna, dove la Venere di Willendorf è custodita, che dichiara, esterrefatto “E’ la rappresentazione preistorica femminile più famosa del mondo“.
Le scuse
I commenti si sprecano, il lato bacchettone di Facebook giustamente è messo alla berlina, e c’è di buono che il messaggio d’indignazione è arrivato al mittente. Facebook ieri s’è ufficialmente scusato, confessando l’errore. Non che le scuse addotte dalla portavoce siano convincenti. La “politica pubblicitaria non consente nudità o nudità suggerite“, recita la nota “ma facciamo un’eccezione per le statue, e in quanto tale questo annuncio avrebbe dovuto essere approvato“. Dunque nudità scolpite sì, nudità dipinte no, lo sa bene quel professore francese che ha portato in tribunale il social network per avergli bloccato l’account dopo la pubblicazione di una foto del dipinto di Gustave Courbet, L’origine del mondo
Il prossimo 15 marzo la giustizia francese deciderà al riguardo (e questo è rimarchevole, visto che sinora la competenza per le questioni legate a Facebook non era stata rincresciuta a un tribunale non americano). Tuttavia la storia del social di Zuckerberg è pieno di gaffes sessuofobiche, con le censure alle immagini di donne che allattano o a opere come il Bacio di Rodin, considerato troppo provocatorio. Peccato che Facebook solo recentemente abbia dovuto affrettarsi a mettere delle pezze contro la diffusione delle ben più pericolose fake news, poco conta se il social network brulichi di messaggi insultanti, gruppi d’ispirazione nazista, razzista, violentemente misogini e amenità del genere.
Il problema sembra essere l’arte. Eh sì, c’è proprio qualcosa che non torna nel mondo social.